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Sabrina

di Sabrina 11 novembre 2010

Toc toc. Permesso?

Sabrina

Ciao a tutti. Mi chiamo Sabrina e sono capitata qui quasi per caso. Scriverò di rugby, o almeno ci proverò. Non aspettatevi commenti “tecnici” : fuori gioco, rimesse laterali, perchè si fa una ruck, una maul, classifiche sono per me – per ora – quasi sanscrito. Che dire? Mi piace il rugby per quello che mi suscita dentro, per la passione che risveglia, un po’ come quando ascolto un brano di Bon Jovi o dei Muse e le note o le parole vanno a colpire una parte di me nascosta esprimendo al meglio ciò che veramente sento e che altrimenti non riuscirei a esternare in altro modo. A me il rugby fa quest’effetto.

Mi ha sempre affascinato, ma rimaneva lontano, relegato in un mondo a parte così distante dalla mia quotidianeità e poi “sei una femmina, come fa a piacerti uno sport così da maschi?”. Da ragazzina, durante l’ora di ricreazione alle medie i miei compagni si chiedevano come passare il tempo ed io proponevo di giocare a rugby con il cancellino. Ci siamo beccati parecchie note di classe ed io arrivavo a casa con il grembiule nero con grossi pois bianchi stampati sopra… ed il mal di testa per aver riso come una matta. Più avanti negli anni con la mia compagnia giovanile si andava in campagna la domenica. Le moto, una chitarra, una palla, ed io non volevo giocare a pallavolo, troppo noioso, volevo giocare a rugby. Nessuno conosceva le regole così più che un incontro di simil-rugby veniva fuori un incontro di wrestling di gruppo.  Ricordo di aver perso una scarpa – che venne usata come pallone – e di aver strappato un maglione, ma le guance erano rosse come un pomodoro per essermi divertita come una forsennata. Gli anni passano e per merito del Santo Abbonamento a Sky ora mi godo Six Nations, Tri Nation, Top 14, Heineken Cup, a volte il

comodamente seduta sul divano di casa senza perdere scarpe o rompere vestiti, ma cominciando ad apprezzare, a capire il rugby vero. La vita cambia, si allargano gli orizzonti e mi ritrovo con la testa fra le pagine di “All rugby”, oppure fra le pagine di un libro (bellissimo “L’arte del rugby” ed. Einaudi) a spremermi il cervello per riuscire a capire cosa succede sul quel campo d’erba fra quei trenta moderni guerrieri e la loro affascinante palla ovale, così imprevedibile da sembrare quasi viva.

Bene, mi sono dilungata un po’ troppo forse, ma spero che riuscirò a trasmettere quello che mi ha spinto ad essere qui: la passione, senza risultare noiosa o fanatica. Sono matta? Può darsi. Arrivederci alla prossima.

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