Pubblicato in: Rugby, Sport

Jonny Wilkinson: In a perfect world

di Sabrina 9 gennaio 2012

Jonny Wilkinson

Sir Wilko il Re, al secolo Jonathan Peter Wilkinson, è forse il rugby man di cui si è parlato e scritto di più. Calcolatore, cerebrale, intenso, introverso, complesso come una coreografia, emblema dello sportivo perfetto. Al di là di questa facciata apparentemente gelida, Wilko è un uomo che si è guadagnato ogni istante del suo lungo, tortuoso e splendente cammino che lo ha portato a essere ciò che è.

Non solo gloria, però, perchè la sua è stata una carriera costellata anche di numerosi infortuni che l’hanno ostacolato fisicamente; non si è fatto mancare neppure un avversario temibile,  il mostro della depressione che lo stava minando nel profondo dell’anima, ma lui si è sempre rialzato, è andato avanti.

Sir Wilko, rugby man filosofo, buddista, bello come un surfer californiano; faccia d’angelo, voce gentile e sottilmente nasale. Fascino allo stato puro.

Jonny Wilkinson a Tolone

Dopo l’annuncio in cui comunica la sua decisione di abbandonare il rugby internazionale e lasciare la tanto adorata maglia bianca dell’Inghilterra, non ho resistito a riprendere in mano il suo libro “Tackling life” e in particolar modo l’ultimo capitolo, “In a perfect world”, per soffermarmi a pensare. Parole sicuramente dettate dal suo credo buddista, che io condivido, ma che si adattato facilmente a ognuno di noi.

“La vita, e specialmente lo sport professionistico, sono come una corsa sulle montagne russe: salite mozzafiato e discese vertiginose; per carattere, fortunatamente, sono sempre stato disponibile ad imparare dalle sconfitte per poterne uscire più forte. Credo che per apprezzare appieno i nostri momenti migliori, quelli in cui siamo all’apice, si ha bisogno di cadere o toccare il fondo almeno una volta o due. L’opportunità di imparare dalle sconfitte è in definitiva parte integrante degli stessi errori: due facce della stessa medaglia. Le difficoltà ci aiutano a crescere.

Personalmente mi hanno fornito la forza e la spinta di affrontare e superare l’ostacolo successivo percorrendo un percorso di crescita interiore; ogni volta cerco di sfruttare questi momenti per tirare fuori le mie potenzialità.

Sono sempre stato un perfezionista. Da quando ne ho ricordo ho sempre lottato per realizzare un mondo ideale e un’immagine di me stesso impeccabile. Nella mia mente avevo un’idea abbastanza dettagliata della vita perfetta, della carriera perfetta e di un perfetto me stesso. In un certo senso era quasi come essere invincibile, ottenere dei successi, essere il migliore e non mettere mai il piede in fallo. Le persone, le cose materiali che mi circondavano, le esperienze della mia vita, erano la lancetta che  mi indicava se stavo andando nella giusta direzione e se non era come io volevo che fosse, allora perdevo il controllo su tutto.

Alla fine ho abbandonato questo modo di pensare. Ora so che se cerchiamo la nostra personale perfezione in ciò che ci circonda non faremo altro che affannarci per adattarci costantemente ai cambiamenti poiché tutto si evolve in continuazione. Quando cercavo di afferrare la perfezione fuori da me stesso ogni momento era una sconfitta, non avevo mai pace.

Quando l’Inghilterra vinse la Rugby World Cup nel 2003 pensavo di essere arrivato e di potermi concedere il tempo di assaporare la gioia che mi dava. Non fu così. Durò una sola notte e la mattina dopo, a colazione, l’euforia e l’estasi erano già passate, svanite ed io mi chiedevo: “Dove diavolo andrò ora?”. Il lungo viaggio che mi aveva condotto lì era finito, passato, oramai alle mie spalle, non avevo più uno scopo, mi sentivo imperfetto come non mai.

Di solito cerco di fare in modo che l’oggi sia migliore di ieri; nella mia vita ho sempre avuto ambizioni e scopi di ogni genere, mi sono dato da fare per realizzarli, sforzandomi, assaporando la sensazione di sentirmi vivo. Credevo che la perfezione risiedesse solamente nel realizzare i miei  scopi, beh, mi sbagliavo.

Ognuno di noi ha dei sogni nella vita, ma se cerchiamo le risposte al di fuori di noi non saremo mai soddisfatti e non ne avremo mai abbastanza. Un detto recita: “La perfezione non risiede nel possedere tutto ciò che si desidera, ma nel dare tutto ciò che si ha”.  Ci sarà sempre una casa migliore di quella che abbiamo, o auto più veloci, luoghi migliori dove vivere, placcaggi migliori, calci piazzati più precisi, prati più verdi da qualche parte nel mondo o in qualche punto imprecisato del futuro; ma sarà sempre una corsa verso qualcosa che non avremo mai.

Sono convinto che ciò che realizzerò sarà perché sarò stato capace di dare il meglio di me; solo così mi resterà qualcosa di unico fatto di esperienze e sensazioni perché l’avrò sperimentato dentro me stesso e niente o nessuno potrà portarmelo via. Ora so che la perfezione può esistere. Essa è racchiusa nell’incredibile potenziale che ognuno possiede, in questo mondo dove ogni cosa è collegata all’altra in modo inscindibile, è alla nostra portata, ogni giorno.

Se fra due persone una sola è vittoriosa significa che è più perfetta dell’altra? Non credo. Secondo me, la perfezione è scavare profondamente per cercare quel talento unico che ognuno possiede nella parte migliore di noi stessi ed avere la compassione di non dimenticare di aiutare gli altri a fare lo stesso. Trarre il meglio da ogni opportunità, prendersi cura di ogni momento, e lasciare che sia, sebbene, a volte, sia molto difficile.”

Può suonare strano vedere il termine “compassione” in un libro scritto da uno sportivo, per di più quando lo sport in questione è il rugby, ma, come ho ricordato più sopra Jonny Wilkinson è buddista e secondo il Buddismo l’universo e la vita stessa pulsano con un’energia senza limiti e sono manifestazioni della compassione che, intrecciando i fili di tutti i fenomeni interdipendenti, favorisce e nutre la vita in ogni sua diversa, prodigiosa manifestazione.

Se Wilko si è sforzato di fare suo il concetto che la perfezione risiede nel dare la parte migliore di noi, beh, non possiamo negare che ci sia riuscito. Wilko è un esempio sia come sportivo che come uomo: dedito, generoso, modesto, un punto di riferimento per i suoi compagni, eppure anti divo per eccellenza; un re che non si è mai vantato della sua corona.

Ci mancherai, Jonny, ci mancherai veramente tanto. Che non sia un addio, bensì un arrivederci in qualche altro punto della vita. In bocca al lupo, Jonny.

Sir Wilko

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