Pubblicato in: Rugby

Rugby in Italia, a quando la riscossa?

di Sabrina 24 gennaio 2011

Siamo agli sgoccioli dell’Heineken Cup, del Top 14, del Campionato d’Eccellenza, e chi più ne ha più ne metta, ad un passo dalla pausa che darà spazio al Sei Nazioni con inizio il 4 febbraio, quel torneo prestigioso che ci terrà (naturalmente mi riferisco a chi lo seguirà) con il naso incollato al teleschermo nei mesi di febbraio e marzo. Le squadre europee stanno finendo di darsi botte da orbi per guadagnarsi un titolo, per grattare un punteggio e fra quindici giorni le nazionali di Italia, Irlanda, Francia e le tre del Regno Unito saranno pronte a prendersi a sportellate per accaparrarsi l’ambita coppa.

Ebbene, tutto questo accavallarsi di incontri mi ha lasciato quasi senza fiato, un poco affannata e molto stordita… evidentemente a furia di vedere placcaggi e mischie per effetto collaterale ne subisco pure io le conseguenze. E’ quindi sotto l’effetto di questo stordimento e dopo una scorpacciata di due partite che sono giunta a delle considerazioni non proprio edificanti. Ho seguito gli Aironi Rugby vs Ulster terminato con un tremendo 6-43. Ancora una volta un primo tempo giocato da parte degli Aironi a livello degli avversari, validi in difesa ed in attacco, che mi ha fatto tanto sperare, che mi ha fatto credere di poterli veder vincere come quella volta contro il Biarritz; poi dopo l’intervallo l’Ulster ha fatto male, tanto male. Nel giro di cinque minuti li stracciano con due mete e martellano fino alla fine arrivando al punteggio stratosferico di 43.

Per completare un pomeriggio da overdose rugbistica ho visto anche Clermont Auvergne Saracens. Un incontro dinamico, molto fisico; lo stadio non era gremito, ma di sottofondo c’era un tale rumore di trombette, tamburi e grida che sembravano migliaia. Una partita che mi ha divertito molto e che è finita per i campioni di Francia 24 a 14.

Al di là dei risultati e del livello di tecniche di squadra o di capacità dei singoli rugbisti mi chiedo: cosa c’è che non va? Perché siamo irrimediabilmente sempre gli ultimi? La mia non è una critica feroce o un disamore, mi pongo questa domanda perché mi demoralizza vedere le nostre squadre ridotte a fanalini di coda nonostante lo sforzo e l’impegno. Cavolo, uno non va mica a prendere legnate su un campo da rugby per hobby o perché spera nella redenzione divina! La frase “beati gli ultimi perché saranno i primi” non ha molto senso di per sé, figuriamoci nel mondo ovale. Vedo giocare lo Stade Toulousain, il Racing Metrò, il Munster o i Leicester Tigers e mi esalto, vedo gli Aironi o il Benetton Treviso mi esalto… e soffro. Ma c’è una cosa che più di ogni altra mi colpisce e mi fa pensare: gli stadi, le tifoserie. A Tolosa lo stadio scoppia in boati, i tifosi del Leicester o del Biarritz sono pittoreschi, pronti a trasformare la spettacolo del rugby in una festa, a Parigi lo stadio pieno a tappo si tinge inevitabilmente di rosa; la settimana scorsa i tifosi dell’Ulster riempivano lo stadio di Belstaff nonostante ci fosse un vento micidiale ed una pioggia fitta ed insistente. Uomi e donne di tutte le età intabbarrati in giacconi, cappelli e  sciarpe, incitavano la propria squadra gridando “Ulster! Ulster!” in un tutt’uno con i propri quindici uomini che si davano un gran da fare contro il Biarritz. Lo Stadio Zaffanella dove giocano gli Aironi quando sono in casa – tanto per fare un esempio italiano – o è semivuoto o è moscio. E’ questo “particolare”, questa differenza stridente che mi fa pensare, che mi intristisce e mi amareggia. Non è una differenza da poco e forse influisce in qualche modo. Se sbaglio, se sono eccessivamente pessimista o idealista, qualcuno me lo faccia notare, per favore. Se ci sono degli aspetti positivi in questa lunga serie di sconfitte o nel modo in cui qui da noi si segue il rugby me lo dica perché ne ho bisogno, sono pronta ad ascoltare e correggere le mie impressioni al momento un po’ troppo grigie.

Tutto ciò, comunque, non intacca in me  la passione per questo Sport, o la voglia per noi italiani di esserci.

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